Donatello, l’Abacuc e i Profeti per il Campanile di Firenze
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Versione audio: Donato di Niccolò di Betto Bardi, detto Donatello (1386 ca.-1466), è stato uno dei più grandi artisti del Rinascimento. Visse ottant’anni, dunque molto a lungo, in un’epoca in cui l’aspettativa di vita era decisamente breve: quasi il doppio, per esempio, rispetto a gran parte dei suoi colleghi. In tal modo, egli attraversò buona parte del Quattrocento, ottenendo sino alla fine della sua carriera importantissime commissioni (l’ultima fu del 1460) e imprimendo con una mole straordinaria di opere la sua orma indelebile nella storia dell’arte. Donatello fu uno sperimentatore infaticabile. Grande amico di Brunelleschi, con lui intraprese l’avventura di creare per l’arte un nuovo stile e un nuovo linguaggio, superando l’oramai secolare tradizione medievale. Tuttavia, come tutti i grandi, egli non si fece mai ingabbiare dalle scelte compiute, anche a costo di contraddirle. Sicché, se giustamente è ricordato dalle fonti come colui che per primo recuperò il naturalismo vigoroso della statuaria antica, il suo amore per la vita e la ricerca di verità lo spinsero in più occasioni ad abbandonare l’idealismo estetizzante dell’arte classica per abbracciare un realismo quasi brutale. Per questo, di lui davvero si può dire sia stato, consapevolmente, classico e anticlassico insieme. Tra Orsanmichele e il Duomo Tra il 1408 e il 1435, a Firenze, Donatello fece parte di un gruppo di scultori (alcuni dei quali di altissimo livello, come il Ghiberti e Nanni di Banco) attivi nei due più importanti cantieri di Firenze: il Duomo, ossia la Cattedrale di Santa Maria del Fiore, e la Chiesa di San Michele in Orto, detta comunemente Orsanmichele. Entrambi gli edifici, eretti nel XIV secolo e dunque gotici, erano stati da poco ultimati (al Duomo mancava la Cupola, poi costruita da Brunelleschi) ma le nicchie dei prospetti destinate a contenere statue erano ancora quasi tutte vuote. Un’occasione straordinaria per i giovani artisti del primo Quattrocento, che avevano molte e importanti opportunità di lavoro. Nel dicembre 1408, Donatello venne incaricato di scolpire una statua di San Giovanni Evangelista seduto per la facciata del Duomo, ora nel Museo dell’Opera: l’opera venne eseguita, in gran parte, tra il 1409 e il 1411 e conclusa nel 1412. Nel 1410, l’artista realizzò una statua colossale di Giosuè in mattoni e stucco per uno degli sproni di Santa Maria del Fiore, poi rimosso nel XVII secolo in quanto gravemente rovinato. Seguì l’incarico, ben più importante, di realizzare alcune statue di profeti per le nicchie del Campanile di Giotto. Per il lato orientale, Donatello scolpì, tra il 1416 e il 1421, il Profeta sbarbato, il Profeta con barba in posa pensosa e l’Abramo con Isacco (solo quest’ultimo è chiaramente identificato nei documenti che lo datano al 1421). I due profeti, privi di identificazione tradizionale, sono comunemente denominati con nomi convenzionali, che si basano sul loro aspetto fisico o l’atteggiamento. Dei quattro profeti che oggi si trovano sul lato occidentale del Campanile, sono di Donatello, secondo i documenti, l’Abacuc, noto come lo Zuccone, realizzato fra il 1423 e il 1425, ed il profeta che riporta l’iscrizione “Ge[re]mia”, eseguito per ultimo tra il 1427 e il 1435. Entrambe le statue recano l’iscrizione “Opus Donatelli” sulle basi ma tale iscrizione è postuma, quindi di per sé non attendibile. Negli stessi anni, per la Chiesa di Orsanmichele dove lavorò in parallelo, Donatello realizzò il San Marco (1411-13) su commissione dell’Arte dei Lignaioli e Rigattieri, e il San Giorgio (1416-20) per l’Arte dei Corazzai. L’ispirazione classica dei Profeti I cinque Profeti di Donatello per il Campanile di Giotto sono capolavori pervasi, per usare un’espressione cara a Leon Battista Alberti, da un “movimento d’animo”, giacché sembrano avere le umane potenzialità del movimento e l’umana capacit...