Fidia. Le grandi statue

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Versione audio: Coetaneo di Mirone e dunque più anziano di Policleto (che certamente ebbe modo di conoscere), lo scultore ateniese Fidia (490 a.C.ca.-430 a.C.ca.) fu l’artista più ammirato e celebrato dell’antichità. Persino il grande filosofo Platone (V-IV secolo a.C.), che pure con gli artisti non era tenero, lo giudicò assai meritevole. Gli intellettuali romani, tra cui lo scrittore Cicerone (I secolo a.C.), lo reputarono capace di conferire alle sue sculture una bellezza soprannaturale. Lo scultore degli dèi Fidia compì la sua prima formazione presso la bottega di Egia, bronzista e scultore ateniese attivo tra il 490 e il 460 a.C. È stato ipotizzato un ulteriore apprendistato ad Argo presso Agelada, maestro anche di Mirone e Policleto, che quindi si configurerebbe come una vera e propria guida per la generazione degli scultori classici. Intorno al 475 a.C., probabilmente, era già un artista completo e nel 470 a.C. dirigeva una bottega propria.  Fidia seppe superare la tradizione senza contestarla, evadere ogni norma senza stravolgerla. Alla sua magistrale abilità nel farsi interprete della politica culturale di Pericle unì un grande talento personale, una rara padronanza della tecnica e una vera e propria capacità imprenditoriale e di coordinamento. Le fonti lo contrappongono spesso a Policleto, suo ideale avversario e rivale, giudicando le sue figure più solenni e grandiose. In effetti, se Policleto fu per eccellenza lo scultore degli atleti, Fidia preferì di gran lunga soggetti più autorevoli, come gli dèi dell’Olimpo. L’ultima opera della sua carriera, lo Zeus di Olimpia (oggi perduta) fu addirittura celebrata come una delle sette meraviglie del mondo. L’Atena Promachos  Intorno al 460 a.C., Fidia ricevette il suo primo incarico di eccezionale importanza: la realizzazione di una gigantesca scultura in bronzo per l’Acropoli di Atene, raffigurante Athena Pròmachos, ossia Atena combattente. L’opera, oggi perduta, era collocata subito oltre i Propilei, che sono l’ingresso monumentale dell’Acropoli, e quindi era la prima ad essere ammirata una volta entrati nel piazzale dell’area sacra. Pagata con il bottino della Battaglia di Maratona ed eretta per commemorare quella vittoria, l’Athena Pròmachos era alta circa 7.60 metri mentre il suo basamento era alto circa 1.50 metri ed era riccamente decorato in marmo. La scultura fu trasferita a Costantinopoli, per ordine dell’Imperatore Teodosio II, nel 426 d.C. e lì rimase fino ai primi anni del XIII secolo, venendo poi distrutta in circostanze mai chiarite. Purtroppo, non abbiamo copie o riproduzioni che possano aiutarci a visualizzare il capolavoro fidiaco. La consolidata iconografia di Atena Pròmachos presentava la dèa nell’atto di scagliare la lancia. Tuttavia, sappiamo, sulla scorta delle descrizioni antiche, che Fidia propose un modello differente: la sua dea, infatti, teneva nella mano destra una Nike alata, la lancia appoggiata alla spalla destra e un grande scudo (decorato con una scena di Centauromachia) con il braccio sinistro. L’Apollo Parnòpios Un altro capolavoro dell’artista, anch’esso in bronzo, fu l’Apollo Parnòpios, ‘che allontana le cavallette’. Quest’opera, che risale al 460 a.C. (nota per una copia in marmo, detta ‘versione Kassel’), precedette di una decina di anni il Doriforo di Policleto e fu sostanzialmente contemporanea ai Bronzi di Riace. In effetti, l’Apollo Parnòpios appare già a un primo sguardo un po’ più arcaico del Doriforo: le spalle più larghe e i piedi più uniti, infatti, accentuano l’impressione di frontalità legando l’opera al tipo tradizionale del koùros; anche il modellato del volto, il trattamento incredibilmente ricco dei capelli, le labbra carnose, l’espressione grave e autorevole rimandano al linguaggio severo dei suoi maestri. Tuttavia, osserviamo che rispetto al Tideo di Agelada, ossia il Bronzo A di Riace, il modellato del corpo è più morbido,

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