Gaulli e Pozzo: la percezione dello spazio barocco
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Versione audio: La morte di papa Alessandro VII, nel 1667, segnò, a Roma, il declino della committenza papale e la fine di quel regime di esclusivo monopolio esercitato dai pontefici nei confronti degli artisti più affermati. Questa particolare situazione lasciò ampi margini di azione al mecenatismo degli ordini religiosi e in particolare dei gesuiti. Nel 1661, era stato eletto generale della Compagnia di Gesù Padre Giovanni Paolo Oliva (1600-1681). Padre Oliva era un appassionato cultore dell’arte, oltre che un buon amico di Gian Lorenzo Bernini, indiscusso maestro dell’arte barocca, il quale aveva realizzato, proprio per i gesuiti, la Chiesa di Sant’Andrea al Quirinale e seguito molte imprese avviate su iniziativa dell’ordine, con un ruolo di consulente o di supervisore. Come Bernini, anche padre Oliva credeva fermamente nel potere propagandistico delle arti figurative. Un’arte animata dal vitalismo ecumenico poteva esprimere congiuntamente sia le esigenze delle rinnovate potestà temporali della Chiesa, sia le riaffermate verità dottrinali. Giovan Battista Gaulli nella Chiesa del Gesù Quando padre Oliva decise di far decorare la Chiesa del Gesù a Roma, fu certamente su consiglio di Bernini che si rivolse al genovese Giovan Battista Gaulli (1639-1709), detto il Baciccia (o anche il Baciccio). Protetto di Bernini, Gaulli si era formato nell’ambito dell’ambiente fiammingo-genovese di Rubens e di Van Dyck. Recatosi a Roma per sfuggire alla peste del 1657, aveva arricchito la sua cultura attraverso le opere di Raffaello, Annibale Carracci e Guido Reni; in un viaggio a Parma nel 1669 aveva poi subìto la suggestione delle cupole di Correggio. Il Trionfo del nome di Gesù Fu tra il 1676 e il 1679 che Gaulli realizzò, per la Chiesa del Gesù a Roma, il Trionfo del nome di Gesù, considerato il suo capolavoro. Si tratta certamente di una delle più ambiziose decorazioni di tutto Barocco romano. Seguendo l’indicazione del bel composto berniniano, Baciccia annullò i confini tra la pittura e la decorazione a stucco, realizzata precedentemente da un altro allievo di Bernini, lo scultore Antonio Raggi (1624-1686), con l’intento di dare al fedele l’illusione che la chiesa si fosse davvero scoperchiata per mostrare uno scorcio di Paradiso: i demoni scuri precipitano dall’alto, traboccando dalla cornice e invadendo lo spazio reale della navata; i beati, sostenuti dalle nuvole, s’innalzano verso Gesù, il cui monogramma (IHS, simbolo anche della Compagnia) risplende emanando una luce abbagliante. Questa luce assume una duplice valenza, atmosferica e simbolica, alludendo all’azione della grazia e all’opera di salvezza del Cristo e della Chiesa. «È la prima volta che l’ordine esprime i propri ideali non attraverso testi scritti, ma attraverso la pittura che in modo più plateale si presta a ribadire la vittoria trionfalistica della Chiesa cattolica e la lotta all’eresia» (A. Lo Bianco). L’affresco è dunque il risultato di una maturazione artistica ricca e poliedrica e, con la complessità del suo soggetto e la straordinaria articolazione dei motivi formali, si riallaccia direttamente alle fantasmagoriche composizioni di Pietro da Cortona. Dobbiamo dire che non c’è foto, per quanto ben fatta, che possa rendere l’effetto dal vivo di questo capolavoro: così, se non si entra nella chiesa, non si potrà mai comprendere lo sbigottimento che l’opera suscitò sui contemporanei di Gaulli, quando i ponteggi furono smontati. Le figure sembrano veramente sospese in aria, sovrapposte all’architettura della volta, con un effetto tridimensionale sbalorditivo. Andrea Pozzo nella Chiesa di Sant’Ignazio La seconda grande commissione di padre Oliva, ossia la decorazione per la Chiesa di Sant’Ignazio, sempre a Roma, fu invece affidata a un artista gesuita, il trentino padre Andrea Pozzo (1642-1709), pittore, architetto, matematico, scenografo e trattatista. Pozzo fu una delle personalità emergenti del Barocco ma...