Il Gotico internazionale
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Versione audio: La fase del Gotico tardo, collocabile all’incirca tra il 1370 e il 1450, molto legata alla cultura delle corti e diffusa uniformemente in tutta l’Europa, è chiamata dagli studiosi Tardogotico o Gotico internazionale. Si tratta di uno dei fenomeni artistici più importanti del tardo Trecento e del primo Quattrocento. Quando, nel 1401, fu inaugurata a Firenze la nuova stagione del Rinascimento, negli altri centri italiani e in tutti i paesi europei trionfava il Gotico internazionale, che mantenne viva la sua forza persuasiva ancora molto a lungo e rimase il primo punto di riferimento per gran parte della committenza. In alcune zone d’Europa, infatti, questa fase artistica si prolungò a oltranza, fino al XVI secolo. Significato del termine “Tardogotico”, “Gotico internazionale”, “Gotico fiorito”, “Gotico cortese” sono definizioni diverse ma scelte per indicare il medesimo contesto culturale. Il termine Tardogotico, in particolare, evidenzia un dato oggettivamente cronologico e colloca questo stile in continuità con il Gotico ma anche a sua conclusione. La definizione di Gotico fiorito evidenzia l’amore per il lusso, la raffinatezza e l’esasperato decorativismo che caratterizza questo linguaggio; il termine Gotico cortese chiarisce il ruolo che le corti italiane ed europee ebbero per la diffusione di tale stile. Talvolta è possibile incontrare, nei testi di storia dell’arte, anche il termine Stile dolce, che fa riferimento ai caratteri morbidi e delicati che molti artisti legati a questa maniera adottarono per il proprio linguaggio pittorico. Gotico internazionale (il termine più utilizzato per il contesto italiano) vuole, infine, sottolineare la capillare diffusione che questa fase stilistica ebbe in molti paesi europei, grazie alla circolazione di manufatti e opere d’arte di piccole dimensioni. In verità, non fu tanto l’internazionalità a caratterizzare questo periodo (già il Romanico e poi il Gotico avevano presentato elementi sovranazionali) quanto piuttosto l’uniformità dello stile, la comunanza d’intenti dei pittori, l’amore collettivo per un certo linguaggio figurativo e, soprattutto, la sua capillare diffusione, la sua applicazione a ogni campo produttivo. Un mondo fiabesco Al costante, assillante pensiero della morte, senza dubbio alimentato dalla tragica diffusione della peste nera che terrorizzò l’Europa, è probabilmente legata l’aspirazione al bel vivere così connotativa della seconda metà del Trecento. Alla paura della morte si oppose un amore sfrenato per la vita, per il lusso e per lo sfarzo, che si tradusse in edonismo esteriore e gaudente. Espressione di questo sogno d’incorruttibilità fisica e morale divenne proprio il mito della vita di corte, che attirò con la stessa intensità aristocratici e borghesi. Si cominciò a vagheggiare una realtà fiabesca di modi raffinati, di abiti sontuosi, di parole forbite, di preziosismi, di giochi di dame e cavalieri, musiche e danze, cacce e tornei. La moda si rese interprete privilegiata di quell’ambizione esagerata di eleganza: gli uomini iniziarono a portare scarpe dalle punte lunghissime allacciate alle caviglie; le donne usarono copricapi tanto alti da doversi chinare per attraversare le porte. Di tale cura per l’abbigliamento rendono testimonianza alcuni codici miniati, tra cui il celebre Codex Manesse o Codice manessiano, un ricco canzoniere medievale in lingua tedesca, arricchito da 137 miniature policrome a pagina intera che raffigurano i poeti in mezzo al loro pubblico di aristocratici, a corte o durante tornei e feste. L’arte registrò immediatamente questa raffinata attitudine. I pittori tardogotici immersero le loro figure longilinee in un luminoso fondo oro, dissolvendole nella trasparenza del colore. I quadri divennero preziosi al punto da sembrare grandi placche smaltate, splendidi oggetti di oreficeria. Già con i senesi le opere d’arte si erano tinte di toni favolosi,