La città medievale. Seconda parte

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Versione audio: L’urbanistica medievale si colloca tra due momenti molto caratterizzati della storia della città: quella romana, segnata dalla rigorosa fissità del modello a scacchiera, e quella rinascimentale, durante la quale, inseguendo l’utopia della città ideale, teorici e architetti elaborarono complessi schemi geometrici difficilmente applicabili. Confrontata con i modelli romani e rinascimentali, la città medievale può apparire fatalmente disordinata, cresciuta in balia del caso o del capriccio. Così non è. L’identità della città medievale La città medievale ebbe una identità molto precisa e trovò la sua specificità proprio nella volontà di legare le sue forme urbane, oggi diremmo la sua struttura urbanistica, prima di tutto ad esigenze concrete, a valori pratici, a valutazioni di opportunità, al rapporto con il territorio: presupposti la cui efficace soddisfazione dava luogo, a posteriori, a risultati giudicati esteticamente appaganti. La forma della città, insomma, scaturiva dalla vita stessa della città, in un modo così puntuale e coerente che noi, ancora oggi, siamo in grado di leggerlo. Nei secoli precedenti, l’imposizione romana del modello a scacchiera, che non tenne mai conto del sito, della cultura locale, della specifica tradizione, non era stata solo una scelta di ordine pratico ma prima di tutto un atto politico. Costituì l’impronta della romanitas. Le varianti degli schemi La città medievale, al contrario, nacque sempre da bisogni specifici, spontanei, tutti particolaristici della cittadinanza stessa, che si raccolse intorno a un castello o a una chiesa madre o a un monastero, o si distribuì lungo una via importante, o si arroccò in difesa su un’altura, o si lasciò avvolgere dall’abbraccio protettivo dell’ansa di un fiume. Sicché a molteplici necessità, a differenti volontà collettive corrisposero altrettanti modelli urbanistici, sconosciuti ai tempi antichi, e che a tali scopi seppero adattarsi. La città medievale, lungi dall’essere capricciosa, fu dunque assolutamente ragionevole, accettò ogni variante dello schema scelto che sapesse risolvere i problemi pratici, adattò i disegni al territorio e non viceversa. Chi era in qualche modo preposto al disegno della città (gli urbanisti ancora non esistevano) non rifiutò mai l’idea di perfezione in sé, è chiaro, ma prese atto che la realtà è altra cosa, sicché antepose ai princìpi di astrazione tutto ciò che a lui e ai suoi concittadini risultava efficace e concreto, e lo fece con assoluta libertà creativa. L’estetica della città I risultati estetici, dicevamo, furono conseguenziali e allo stesso tempo efficacissimi. L’estetica medievale, come quella classica, ebbe un rigoroso senso dell’ordine: ma se gli antichi uniformarono, geometrizzarono, ridussero tutto a norma, spinti da una esasperata esigenza di controllo, per gli uomini del Medioevo “ordinare” significò mettere ogni cosa al suo “giusto” posto, laddove serviva; significò adattare tutto allo scopo. Insomma, l’estetica medievale, in ogni campo, anche quello urbanistico, non volle prescindere dalle ragioni della pratica, men che mai poté contrastarle. E non venne imposta dalle teorie degli intellettuali o degli artisti di fama e di talento: al contrario, fu condivisa da tutti. Come scriveva sant’Agostino nel De excidio urbis Romae (all’inizio del V secolo), l’essenza della città sta negli uomini, non nelle pietre. Forse è per questo che noi siamo, a distanza di secoli, così affascinati dalla struggente bellezza dei nostri borghi medievali. La città romanica in Italia  Nel corso dell’XI secolo, grazie a una conquistata autonomia politica basata su un patto associativo tra cittadini, nacquero in Italia i primi comuni, forme di autogoverno cittadino, caratteristiche dell’Italia medievale del Centro-Nord; Milano, Firenze e Siena furono tra i più floridi. Le città-stato La fortuna dei comuni fu direttamente connessa ...

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