La Natura morta nel Seicento. Seconda parte

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Versione audio: La Natura morta è un genere pittorico nato nel Cinquecento e sviluppatosi con grande successo nel corso del XVII secolo. Ebbe straordinaria fortuna non solo in Italia, dove trovò in Caravaggio un sostenitore convinto e un vero caposcuola, ma in tutta l’Europa. Le nature morte fiamminghe, olandesi, spagnole e tedesche sono di rara bellezza. Non di rado, questo genere si prestò a sollecitare, in chiave allegorica, riflessioni sulla caducità della vita e sull’incombenza della Morte, che vanifica ogni ambizione e velleità. Bruegel, la Natura morta fiamminga Nelle Fiandre, Jan Bruegel il Vecchio (1568-1625), detto anche dei Velluti per la finezza esecutiva dei dettagli, fu un prolifico autore di nature morte e paesaggi. Soggiornò a lungo in Italia negli anni Novanta del Cinquecento, e in particolare a Milano, stringendo rapporti con gli altri artisti lombardi del tardo Rinascimento. Bruegel è considerato un altro antesignano della Natura morta propriamente intesa. Dipinse quadri di fiori con la competenza di un botanico, ricercatissimi dai collezionisti e come tali costosissimi; in alcuni suoi dipinti con mazzi di fiori recisi si possono contare oltre 100 specie diverse. Claesz, la Natura morta olandese In Olanda, nel XVII secolo, le Nature morte mirarono a esprimere l’amore per l’intimità familiare: quello stesso che connotava così profondamente la società borghese del tempo. In questo paese il genere della natura morta ebbe grandissima fortuna; a partire dagli anni Venti alcuni pittori di Haarlem, tra cui Pieter Claesz (1596/98-1661), divennero autentici specialisti nella rappresentazione di tavole apparecchiate. Bisogna infatti ribadire che ogni pittore di Nature morte tendeva a specializzarsi, diventando pittore di fiori o di pesci o di tavole apparecchiate. La sua arte aveva un carattere eminentemente imprenditoriale e tendeva ad evitare intellettualismi che potevano renderla troppo difficile e impopolare. Egli operava per «rendere riconoscibile, con sorta di firma, il proprio prodotto», orientava la propria attenzione «su un universo di oggetti a lui vicini, che possono essere contenuti nel ristretto ambito dello studio. La Natura morta sembra allora essere una sorta di autocelebrazione della propria capacità replicativa, nell’ordine della meraviglia, nel sentimento barocco dell’inganno e dello stupore» (A.Veca). Claesz, per esempio, era specializzato in “banchetti” e “piccole colazioni”, ossia nella raffigurazione di tavole imbandite. Produsse molte opere di grande fascino e suggestione, nelle quali il virtuosismo realistico (apprezzabile nella trasparenza dei bicchieri, nella lucentezza del vasellame d’argento, nei riflessi, di un realismo spettacolare) si accompagna a un taglio assai semplificato delle composizioni. Spesso, le stoviglie abbandonate su un buffet sembrano testimoniare la conclusione di un festeggiamento: forse un’allusione alla caducità della vita. Gli oggetti, com’è facile verificare, sono in genere gli stessi, segno che il pittore li possedeva e li combinava di volta in volta in modo differente, sul tavolo davanti al suo cavalletto, per creare nuove combinazioni. Zurbaran, la Natura morta spagnola In Spagna furono prodotti i cosiddetti bodegones, piccoli quadri che raffigurano ortaggi o comuni oggetti di terracotta, disposti entro semplici scaffali o in modesti ambienti domestici. Con il termine spagnolo bodegon, infatti, si usa indicare uno specifico genere di Natura morta ambientata in cucina, con tutti gli elementi ad essa connessi: selvaggina morta, pesci, dolci ma soprattutto brocche, piatti e bicchieri. Maestro del genere fu Francisco de Zurbarán (1598-1664), tra i maggiori pittori spagnoli del XVII secolo. Autore anche di pittura sacra, fu attivo fra l’inizio del terzo decennio e l’anno della sua morte. Sensibile al linguaggio caravaggesco, elaborò un linguaggio pittorico piuttosto arcaicizzante,

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