L’arte contemporanea in 10 artisti

Arte Svelata - Podcast tekijän mukaan Arte Svelata

Versione audio: Esiste, nel flusso dell’arte contemporanea, ossia quella a noi più prossima, un filone intensamente introspettivo e spiritualista, che ha voluto e saputo dare forma (anzi forme) alla disarmante percezione della nostra fragilità, alla precarietà della nostra vita, all’ineluttabile consapevolezza di una morte che incombe. Questo pessimismo, così profondamente esistenzialista, è tuttavia contrastato da un tenace desiderio di grandezza e da un’aspirazione pervicace, per quanto irrazionale, all’eternità. Alcuni artisti contemporanei, attraverso forme espressive e simboliche del tutto nuove, hanno fissato coraggiosamente i loro occhi sul buio che un inedito e drammatico vuoto di senso ha provocato. Scrutando questo buio, però, alcuni di loro hanno anche cercato, talvolta intravisto o magari solo agognato una luce vivifica, che non è certo, né può essere, una risposta definitiva alle loro inquietudini e domande e meno che mai una certezza metafisica. La luce che si oppone al buio, nell’arte di questi protagonisti, è, il più delle volte, solo l’espressione di una speranza salvifica, che è legittimo, se non doveroso, alimentare, in una tensione spirituale e creativa che resta, in ogni caso, davvero potente. Jackson Pollock Jackson Pollock (1912-1956) ha voluto fare dell’opera d’arte la traduzione diretta di un’energia fisica, emotiva e mentale, lo specchio di un’azione tesa a imprimere una traccia dell’artista nel mondo. Una volta che rimproverarono a Pollock di dipingere ispirandosi troppo poco alla natura, egli rispose: «Io sono la natura». L’artista non voleva riprodurre ciò che si può vedere con gli occhi, nel mondo, non intendeva operare sulla natura ma agire con la natura. «Mi occupo dei ritmi naturali – disse – lavoro dall’interno all’esterno, come la natura». Dall’interno all’esterno. Ecco la chiave di lettura. L’artista ha riversato sulla tela tutta la propria interiorità, rendendola manifesta, ha dato forma alle sue emozioni, ha espresso con straordinaria efficacia la sua ansia esistenziale, il suo anelito di libertà totale. Versare il colore sulla tela ha avuto, per lui, il valore, metaforico e concreto a un tempo, di un transfert, di un trasferimento da dentro a fuori, di un travasamento sullo spazio magico della tela del contenuto magmatico e incontrollabile del proprio Es (come avrebbe detto Freud), della propria interiorità più profonda. «Voglio esprimere i miei sentimenti, non illustrarli. La tecnica è semplicemente un mezzo per arrivarci». Mark Rothko Mark Rothko (1903-1970) produsse tele verticali e di grande formato (tre metri di altezza circa), composte da due, tre o quattro rettangoli colorati, dai contorni fluidi e trasparenti, concatenati l’uno all’altro e sovrapposti. Appare chiaro che Rothko non fu mai un action painter alla maniera di Pollock, con il quale non ebbe, artisticamente, alcunché da condividere, astrattismo a parte. Anzi, per certi versi egli può considerarsi l’anti-Pollock. I quadri di Rothko sono contemplativi, ideali finestre che si aprono su dimensioni “altre”, intensamente spirituali e misteriose. Rothko sembrò volersi porre di fronte all’estremo silenzio di profondità inesplorate, fatte non di paesaggi sconfinati ma di puri colori, che a volte rimandano a cieli rasserenanti, altre volte sembrano esplodere in bagliori di luce mistica. Un infinito cui ci si può abbandonare. Lucio Fontana Anche Lucio Fontana (1899-1968) volle compiere la ricerca di una dimensione trascendente, compiuta. I suoi tagli, così come i buchi, tutti ottenuti lacerando superfici monocrome, bianche in genere ma anche rosse o blu, sono fenditure, diverse per numero, lunghezza e disposizione, da uno a quattro o anche più, talvolta leggermente incurvate e con inclinazioni appena differenti, che slabbrano la superficie compatta del quadro, creando sullo sfondo monocromo delle linee virtuali che non sono dipinte ma che appaiono a causa della lacerazi...

Visit the podcast's native language site