L’arte in Toscana nella prima metà del Quattrocento

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Versione audio: Brunelleschi, Donatello e Masaccio non furono gli unici protagonisti del primo Rinascimento fiorentino. Ne era già ben consapevole Vespasiano da Bisticci, umanista, libraio ed editore quattrocentesco, secondo il quale ai primi del XV secolo «la città di Fiorenza era in felicissimo istato, copiosissima d’uomini singulari in ogni facoltà». L’arte in Toscana nella prima metà del Quattrocento. E anche Giorgio Vasari, molti anni dopo, giudicò straordinario quel periodo nominando anche altri artisti: «È costume della natura, quando ella fa una persona molto eccellente in alcuna professione, molte volte non la far sola; ma in quel tempo medesimo, e vicino a quella, farne un’altra a sua concorrenza, a cagione che elle possino giovare l’una all’altra nella virtù e nella emulazione. […] E che questo sia il vero [dimostra] lo aver Fiorenza prodotto in una medesima età Filippo, Donato, Lorenzo [Ghiberti], Paolo Uccello e Masaccio, eccellentissimi ciascuno nel genere suo». Tra Rinascimento e Tardogotico Si deve tuttavia considerare che se le opere dei tre grandi costituirono uno stimolo formidabile per alcuni architetti e artisti ad essi contemporanei, queste non furono valutate come un imperativo assoluto di stile, da seguire passivamente. Da un lato la prima arte rinascimentale continuò a convivere ancora molti anni con l’arte di gusto tardogotico, che grazie al passaggio fiorentino di Gentile da Fabriano s’era aggiornata alle esperienze del Gotico internazionale. Dall’altro, gli artisti fiorentini del primo Quattrocento preferirono, in genere, coniugare la nuova sensibilità artistica, e la cultura figurativa ad essa legata, con i dettami della tradizione, ponendosi spesso nella posizione di mediatori fra Gotico e Rinascimento; continuarono, cioè, a coltivare il piacere delle forme eleganti e stilizzate, dei dettagli preziosi, dei colori smaltati. In tal modo, assecondarono i gusti della ricca committenza ecclesiastica e privata: i potenti borghesi e i ricchi mercanti provavano ancora una certa diffidenza nei confronti del nuovo stile e gli preferivano le piacevolezze formali e i racconti fioriti dello stile internazionale. L’Adorazione dei Magi In altre parole, nel 1423 l’Adorazione dei Magi di Gentile da Fabriano probabilmente piaceva più della Sant’Anna Metterza di Masaccio e se l’opera di Donatello e Masaccio stava avanzando così decisamente sulla strada del naturalismo realistico, molti trovavano ancora letteralmente impensabile «che il mondo casto e idillico dell’affresco e del polìttico fosse macchiato da una sia pur minima traccia di vita reale» (J. Pope-Hennessy). In tale contesto di passaggio, si colloca, per esempio, la pittura di Lorenzo Monaco, che mantenne viva, come Gentile, la fede nel valore della tradizione trecentesca; tuttavia, a differenza del collega, Lorenzo non realizzò mai una pittura cortese o profana e scelse l’eleganza delle forme per esaltare i valori fondanti della dottrina cristiana. La scultura Insomma, lo straordinario sviluppo artistico cui assistette la città di Firenze nel primo Quattrocento non fu così omogeneo come potrebbe apparire ad una prima analisi, in quanto l’arte rinascimentale continuò a convivere ancora a lungo con le espressioni artistiche di gusto gotico. Nella seconda Porta del Battistero di Firenze, raffigurante episodi del Nuovo Testamento, Lorenzo Ghiberti, vincitore del concorso del 1401, conciliò la delicata grazia gotica con un certo senso di monumentalità classica, ma concependo figure sempre elegantemente atteggiate che realizzano astratti motivi grafici. La Porta del Paradiso Nella Porta del Paradiso, con Storie dell’Antico Testamento, egli decise di adeguarsi maggiormente al nuovo gusto rinascimentale, che stava diventando dominante a Firenze. Infatti, adottò sia l’ampia spazialità paesaggistica e architettonica, ottenibile attraverso l’uso della prospettiva,

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