Lo Stendardo di Ur
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Versione audio: Il cosiddetto Stendardo di Ur è un reperto archeologico sumero, ritrovato in una tomba della Necropoli reale di Ur e risalente al 2500 a.C. circa. Costituito da quattro pannelli di legno, composti a cassetta, il pezzo fu rinvenuto in frammenti e solo in seguito ricostruito dagli archeologi. Ancora oggi non conosciamo la funzione e la destinazione di questo oggetto. Alcuni studiosi ipotizzano che in origine fosse esposto in un palazzo o in un tempio, altri che fosse portato in processione, issato su un bastone. Per altri ancora, si tratterebbe della cassa di risonanza di uno strumento musicale. I quattro pannelli che compongono l’opera sono decorati a intarsio, con incrostazioni di madreperla, pietra calcarea rossastra, conchiglie marine (provenienti dalle coste indiane) e lapislazzuli. Tutti questi materiali sono legati fra loro con pasta nera di bitume. I due principali, divisi ognuno in tre registri, raffigurano due scene diverse, una di guerra e una di pace, che si leggono da sinistra a destra e dal basso verso l’alto; i pannelli laterali, invece, sono di forma trapezoidale e riportano piccole immagini mitologiche, come quella di un’aquila dalla testa di leone. Il Pannello della guerra Il Pannello della guerra ci mostra l’esercito sumero, composto dalla fanteria e dagli schiavi dediti ai servizi di supporto. Nella fascia più bassa osserviamo quattro carri militari, muniti di possenti ruote piene e trainati da asini che travolgono i nemici sconfitti. Nel secondo registro sono invece raffigurati i soldati in marcia, vestiti con elmetti a cuffia e mantelli di cuoio decorati con borchie metalliche; essi tengono le lance in posizione orizzontale e spingono i prigionieri nudi davanti a loro. Nel registro superiore, infine, in posizione centrale si riconosce il re. Raffigurato più alto del suo seguito, in virtù del suo ruolo superiore, egli attende che gli vengano condotti i prigionieri e il bottino; verso di lui convergono due processioni. Il Pannello della pace Sul lato con il Pannello della pace, nel registro inferiore, una fila di servi o di stranieri vinti porta i tributi al re. Nella fascia centrale vediamo alcuni schiavi che recano gli animali al macello, per la preparazione del banchetto. Nel registro superiore, il sovrano e sei cortigiani appaiono seduti su preziosi sedili (con piedi a zampa di animale), mentre gli schiavi in piedi sono intenti a servirli. Tutti i personaggi indossano il kaunakes, la caratteristica sottana di vello di pecora, hanno il torace nudo, il viso e la testa rasati. Gli invitati innalzano i calici in onore del sovrano, posto all’estrema sinistra e ancora una volta mostrato più grande dei suoi commensali e servito da uomini in piedi. Sulla destra, un arpista e una cantante allietano gli ospiti. L’arpa rappresentata è identica a quelle rinvenute nel Cimitero reale di Ur. Lo stile della pittura sumera Come si vede, nella rappresentazione di queste scene l’anonimo artista sumero, come già quelli egizi, ha evitato ogni forma d’illusionismo, rinunciando consapevolmente a ricercare l’illusione della profondità e della verosimiglianza. Non sfugge, tuttavia, una qualche ricerca di naturalismo, riscontrabile nei malleoli delle caviglie disegnati con cura e nei singoli bioccoli di lana dei vestiti. Lo schema secondo il quale i pittori mesopotamici raffigurarono il corpo umano è molto simile a quello adottato dagli Egizi. Ogni figura, rigorosamente bidimensionale, ha le gambe e la testa rappresentate di profilo, mentre l’occhio e il torso sono sempre frontali; gli arti sono sempre tutti visibili e i piedi, visti lateralmente, poggiano su un’unica linea di terra. A differenza che nella pittura egizia, tuttavia, i personaggi qui presentano proporzioni piuttosto ridotte e questo perché nell’arte sumerica importava più la monumentalità dell’insieme piuttosto che la credibilità delle singole immagini. Le figure sono infatti brevilinee,