L’Uomo vitruviano di Leonardo da Vinci
Arte Svelata - Podcast tekijän mukaan Arte Svelata
Kategoriat:
Versione audio: Durante il Rinascimento venne affrontata una questione artistica molto delicata: quella relativa alle corrette proporzioni di una figura umana. Già durante l’età greca classica, gli scultori, a partire da Policleto, avevano elaborato immagini di uomini e donne che implicavano precisi rapporti matematici tra le diverse parti del corpo. Di questi loro studi, tuttavia, rimasero poche tracce. Quasi tutte le proporzioni adottate dagli antichi furono così dimenticate. Gli artisti rinascimentali si ripromisero di riscoprirle e non si trattò di un’operazione semplice. L’Uomo vitruviano di Leonardo da Vinci. Le proporzioni secondo Alberti e Dürer L’architetto e trattatista Leon Battista Alberti (1404-1472), nel suo trattato De Statua del 1436, propose la suddivisione del corpo umano in sei piedi o in 60 unceolae o ancora in 600 minuta (dove un “piede albertiano” equivale a 10 unceolae e a 100 minuta). Con questo sistema così differenziato, Alberti mirò a stabilire uno standard valido universalmente ma tale da poter consentire, almeno in teoria, anche la registrazione di minime varianti personali. Il pittore e trattatista tedesco Albrecht Dürer (1471-1528) adottò, invece, il canone della testa come 1/8 dell’altezza e si avvalse di figure geometriche per schematizzare le parti del corpo e renderle simmetriche. Più tardi, Dürer rinunciò al mito della bellezza unica e ideale, concludendo che «non esiste persona sulla terra che possa dare un giudizio assoluto su quella che dovrebbe essere la forma più bella di un uomo». L’Uomo vitruviano Un importante modello di riferimento per i teorici rinascimentali fu il cosiddetto Uomo vitruviano. Vitruvio (80 a.C. ca – 20 a.C. ca), antico architetto romano, nel suo trattato De Architectura aveva affermato, genericamente, che l’uomo perfetto si può inscrivere, in piedi e con le braccia aperte, entro un cerchio ed entro un quadrato. Secondo Vitruvio, l’ombelico è il naturale centro del corpo umano, mentre è uguale la distanza tra piedi e sommità della testa e quella tra le punte delle dita delle due braccia. Sempre secondo Vitruvio, la testa misura un ottavo del corpo umano, il piede un sesto, l’avambraccio un quarto e così anche il petto. Alle stesse conclusioni giunse Plinio il Vecchio (23-79 d.C.), che nella sua Naturalis historia scrive che «la distanza che in un uomo va dai piedi fino alla testa è la stessa che c’è tra le dita delle mani a braccia distese». Purtroppo, questi trattati antichi sono giunti a noi privi di illustrazioni, sicché gli autori rinascimentali furono obbligati a trovarsi da soli, sulla scorta di quelle poche informazioni, le soluzioni grafiche corrette. L’Uomo vitruviano del Taccola La prima rappresentazione di un uomo inscritto in un cerchio è di un ingegnere senese vissuto fra il XIV e il XV secolo, Mariano di Jacopo detto il Taccola (1381-1453/58), che in un suo trattato di ingegneria, il De ingeneis, disegnò un uomo in posizione eretta, con le braccia stese lungo i fianchi, che tocca con il capo e le punte dei piedi le estremità di un cerchio, all’interno del quale è inscritto un quadrato. L’Uomo vitruviano di Cesariano Questa particolare formula dell’Uomo vitruviano sarebbe stata proposta anche da altri trattatisti. Il milanese Cesare Cesariano (1475-1543), curatore, nel 1521, della prima edizione a stampa del De architectura tradotto in italiano, inscrive il quadrato nel cerchio e vi disegna l’uomo con braccia e gambe distese sulle diagonali in modo che mani e piedi tocchino gli angoli del quadrato (e quattro punti diversi della circonferenza). L’ombelico risulta al centro sia del quadrato sia del cerchio. Paradossalmente, per adattare il corpo alle figure geometriche, Cesariano si vide costretto a deformare l’anatomia del suo Uomo vitruviano, rendendolo sproporzionato e quindi contravvenendo al canone di Vitruvio. L’Uomo vitruviano di Fra’ Giocondo