Otto Dix e la Nuova Oggettività in Germania
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Versione audio: Tra il 1919 e il 1935 si sviluppò in Germania il movimento artistico noto come Neue Sachlichkeit, ossia ‘Nuova oggettività’, il cui nome fu coniato in occasione di una mostra tenutasi nel 1925 a Mannheim. Il termine “oggettività” non va inteso nel solco del Realismo ottocentesco, giacché i pittori del gruppo fecero ricorso alla caricatura, alla deformazione e alla metafora, ritraendo i propri soggetti non come apparivano agli occhi ma com’erano moralmente: dunque “oggettivamente” brutti e grotteschi. La forma del dissenso e dell’esplicita opposizione all’arte monumentale e tradizionale si articolò tra l’inquieto presagio di un’apocalisse prossima ventura e la denuncia della violenza delle classi dominanti; fra i temi prediletti vi fu, soprattutto, quello della città, intesa come un luogo di perdita dell’identità collettiva e come lo scenario di un carnevale grottesco. Otto Dix, Autoritratto con garofano, 1912. Olio su carta montato su tavola, 73,7 x 49,5 cm. Detroit, Detroit Institute of Arts. Una violenta carica satirica Per via di queste rilevanti assonanze, il movimento si legava indubbiamente alla recente esperienza espressionista, con la quale condivideva l’uso di una linea contorta e tormentata, l’adozione di un cromatismo acceso e violento, la scelta di composizioni drammatiche e sgradevoli. Ricorda un’attivista del gruppo, la pittrice Lea Grundig: «Poter lavorare, esorcizzare il terrore dandovi forma, esprimerlo e diventare così più liberi; questa era la nostra gioia, la nostra lotta di ogni giorno, la nostra autoaffermazione quotidiana. Chiamarlo con il suo giusto nome affinché altri lo riconoscessero, disegnare il suo volto assassino, perché altri lo vedessero; consolidare la repulsione e suscitare l’odio, rafforzare l’amore e levare il pugno contro l’idra orrenda dalle mille teste: questo fu il nostro lavoro di quegli anni». Gli artisti più significativi della Nuova oggettività furono i tedeschi George Grosz e Otto Dix, i quali realizzarono opere molto coraggiose, caratterizzate da una violenta carica satirica. Personaggi tragicomici dell’alta borghesia e dell’esercito, stravolti da fisionomie mostruose, appaiono preda dei loro impietosi tormenti esistenziali, legati al denaro, al sesso, alla schiavitù delle macchine. Viceversa, i proletari e i reduci della grande guerra sono spenti e svuotati, irrimediabilmente segnati dall’esperienza bellica. Otto Dix, Il venditore di fiammiferi, 1920. Olio e collage su tela, 141,5 x 166 cm. Stoccarda, Staatsgalerie. Otto Dix L’opera di Otto Dix (1891-1969) si colloca in tale contesto di coraggiosa, per quanto tragica, resistenza al nazismo. Arruolatosi come volontario nell’esercito tedesco durante la Prima guerra mondiale, combatté in Russia, Polonia, Francia e nelle campagne delle Fiandre e tornò provato e traumatizzato. Nel 1919 conobbe Grosz e aderì al gruppo Dada berlinese, schierandosi sulle posizioni di un crudo realismo espressionista. Fondò, con altri, la Secessione di Dresda e la Nuova oggettività. Divenne uno dei più drammatici testimoni del suo tempo e denunciò, attraverso la caricatura e la deformazione grottesca,