Paul Klee

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Versione audio: Paul Klee (1879-1940) nacque in Svizzera. Dopo aver studiato musica si dedicò alla pittura, iscrivendosi all’Accademia di Monaco dove assimilò i princìpi dello Jugendstil. Soggiornò in Italia e a Parigi, subendo le suggestioni del Cubismo e dell’Espressionismo. Nel 1911 conobbe Marc e Kandinskij e nel 1912 partecipò alla seconda esposizione del Blaue Reiter. I viaggi e la scoperta del colore Klee si servì spesso delle forme primarie, il cerchio e il quadrato; ne è un esempio il dipinto Cupole rosse e bianche, del 1914. Questo quadro fu ispirato da un suo viaggio a Tunisi, dopo il quale lo stesso Klee affermò di essersi pienamente impadronito del colore. Scrisse l’artista nel suo diario: «Il colore mi possiede. Non ho bisogno di tentare di afferrarlo. Mi possiede per sempre, lo sento. Questo è il senso dell’ora felice: io e il colore siamo tutt’uno. Sono pittore». Un altro viaggio, quello in Egitto del 1928, incise profondamente nell’arricchimento dell’immaginario di Klee, come testimonia il dipinto intitolato Monumenti a G, dove “G” sta per Giza, ossia El-Giza, dove si trovano le grandi piramidi. Le teorie artistiche di Klee Nel 1919, l’artista fu rifiutato come professore all’Accademia di Belle Arti di Stoccarda: secondo la commissione era un sognatore e un sognatore non può mai diventare un maestro. Nel 1920 invece, fu invitato ad insegnare al Bauhaus, dove rimase fino al 1930. Fu durante questo periodo d’insegnamento che l’artista elaborò la Teoria della forma e della figurazione, nata dalla sua concezione dell’arte come nuova creazione della realtà (complessa, multiforme e ramificata). Il nucleo della poetica di Klee si racchiude in un concetto fondamentale: all’artista interessano più le “forze creative” della natura che i fenomeni da esse generati. Anzi, l’artista aspira a essere parte di tali forze, in modo che la natura possa generare nuove realtà e nuovi fenomeni, proprio attraverso di lui. Secondo Klee, in pratica, l’artista è una sorta di medium capace di comunicare con il «grembo della natura». Per spiegare questo processo, in una conferenza tenuta a Jena nel 1924, l’artista utilizzò la limpida metafora dell’albero. La metafora dell’albero «Permettetemi di usare un’immagine, l’immagine dell’ALBERO. L’artista si preoccupa di questo mondo complesso e in qualche modo vi si è orientato, possiamo crederlo, abbastanza bene. Così gli è diventato possibile ordinare la serie dei fenomeni e delle esperienze. Quest’ordine diverso e multiplo, questa sua conoscenza delle cose della natura e della vita, vorrei paragonarlo alle RADICI dell’albero. Dalle radici affluisce nell’artista la LINFA, che attraversa lui e i suoi occhi. In tal modo egli adempie alla funzione del tronco. Premuto e commosso dalla potenza del flusso della linfa, egli lo dirige nell’opera secondo la sua visione. Come si vede il fogliame degli alberi allargarsi in tutte le direzioni, nel tempo e nello spazio, allo stesso modo accade anche per l’opera. Nessuno si sognerà di pretendere che l’albero formi il suo fogliame sul modello delle sue radici. È facile capire che non può esservi un’uguale corrispondenza tra le parti inferiore e quella superiore: funzioni diverse, che si esercitano in due campi distinti, devono per forza provocare forme diverse». L’artista è come un albero, che affonda le sue radici nella terra ma, attraverso il tronco, «dispiega visibilmente in ogni senso nello spazio e nel tempo» la sua chioma; e come il tronco mediatore, l’artista «trasmette ciò che viene dal profondo», per «imporre un ordine alla fuga delle parvenze e delle esperienze». A tale proposito, Klee osservò che come non si possono rifiutare i fenomeni della natura, neanche quelli più strani, allo stesso modo si devono accettare i “fenomeni” prodotti dall’artista. Rigettarli sarebbe come ripudiare la natura stess...

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