Piero della Francesca

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Versione audio: Piero della Francesca si formò a Firenze nella prima metà del Quattrocento e lì poté studiare a fondo il nuovo metodo prospettico. La frequentazione con Leon Battista Alberti, che proprio in quegli anni stava stendendo il trattato De Pictura, consolidò la sua fede nel valore delle leggi proporzionali e prospettiche. Piero fu un grande studioso della nuova scienza prospettica, imparata dall’Alberti; a sua volta, egli fu un grande trattatista, celebrato per il suo De prospectiva pingendi (1490 ca.). L’attività di Piero si svolse fra Firenze, Urbino, Arezzo, Rimini, Ferrara e Borgo San Sepolcro, sua città di nascita. Fu dunque un pittore nazionale e la sua arte fece da cerniera tra la cultura dell’Italia centrale, quella meridionale e quella settentrionale. Il Battesimo e il Polittico della Misericordia L’opera giovanile del Battesimo di Cristo presenta la figura di Gesù al centro, sovrastato dalla colomba simbolo dello Spirito Santo e affiancato da un albero da un lato e da San Giovanni Battista dall’altro. Tre angeli, all’estrema sinistra, vestiti di bianco, rosso e blu, assistono all’evento e sono stati interpretati da alcuni studiosi come un’allegoria della Trinità. Nel Polittico della Misericordia, la Madonna raffigurata nello scomparto centrale accoglie i fedeli nel suo manto blu, mentre il dramma dell’evento della Crocifissione raffigurata nella cimasa propone un diretto confronto con la Crocifissione masaccesca del Polittico di Pisa. Tuttavia, in questo caso la Vergine e San Giovanni hanno un atteggiamento decisamente contemplativo. La Leggenda della Vera Croce La piena maturità dell’artista si rivelò nel ciclo di affreschi raffiguranti la Leggenda della Vera Croce e realizzati nella Chiesa di San Francesco ad Arezzo. Il soggetto è ispirato alla Leggenda Aurea, un testo che narra la storia del sacro legno con il quale fu costruita la croce di Cristo. Piero presentò questa ingenua leggenda come un racconto spettacolare, dove ogni episodio diventa epica contemplazione di eventi capaci di esprimere un’altissima dignità morale. Il programma iconografico elaborato dall’artista ha suggerito agli studiosi la relazione del ciclo di Arezzo con il Concilio di Ferrara e Firenze tra la Chiesa greco-ortodossa e la Chiesa romana, proclamato da papa Eugenio IV nel 1431 per riconciliare le due grandi chiese della Cristianità di fronte al pericolo dell’invasione turca di Costantinopoli. La Flagellazione e la Resurrezione La Flagellazione, una delle opere più studiate e quindi discusse di Piero, riunisce due scene distinte ma connesse fra di loro. A destra, in primo piano, tre uomini sembrano colloquiare fra di loro in una strada affiancata da edifici antichi e rinascimentali; a sinistra, sotto una loggia a colonne composite, si riconosce il Cristo flagellato al cospetto di Pilato. Secondo la più recente interpretazione, il dipinto si legherebbe alla caduta di Costantinopoli. Nella bellissima Resurrezione di San Sepolcro, Cristo emerge maestoso e autorevole da un grande sarcofago di pietra. La scena è assolutamente statica, silenziosa e solitaria, la figura del Cristo frontale e immobile; il paesaggio, per metà spoglio e metà verdeggiante, allude alla redenzione dei peccati. Il Dittico degli Uffizi e la Pala di Brera Nel Doppio Ritratto di Federico da Montefeltro e della moglie Battista Sforza, noto come Dittico degli Uffizi, i due illustri committenti sono mostrati di profilo. Federico guarda immobile la moglie, la quale invece sembra fissare lo sguardo verso un punto lontano e indeterminato. Il volto di Federico, reso con estremo realismo, denota un’attenzione per i dettagli certamente debitrice della cultura fiamminga. La Pala di Brera infine ospita tredici figure, accolte in un edificio ecclesiastico: la Madonna con il Bambino addormentato sulle sue ginocchia, alcuni angeli e santi e il donatore, Federico da Montefeltro,

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