Venere e Marte, Pallade e il Centauro: Botticelli, Marsilio Ficino, Lucrezio

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Versione audio: Il quadro Venere e Marte, oggi conservato alla National Gallery di Londra, venne realizzato tra il 1482 e il 1483 da Sandro Botticelli (1445-1510), grande artista rinascimentale attivo soprattutto durante la cosiddetta età laurenziana, cioè sotto il governo di Lorenzo dei Medici a Firenze, verso la fine del XV secolo. L’opera venne infatti dipinta dopo il rientro dell’artista da Roma, città in cui si era recato per decorare, con altri pittori, le pareti della Cappella Sistina. Venere e Marte Questi anni corrispondono al cosiddetto periodo profano di Botticelli, durante il quale l’artista dipinse alcuni soggetti mitologici che restano tra le sue opere più famose, come la Primavera, la Nascita di Venere, Pallade che doma il centauro e, appunto, Venere e Marte. La tavola gli fu probabilmente commissionata dalla famiglia Vespucci, in occasione di un matrimonio. Il particolare formato orizzontale, infatti, fa pensare alla decorazione di un cassone nuziale o di una spalliera; la presenza delle vespe nell’angolo in alto a destra è invece un probabile riferimento al cognome dei committenti. I due protagonisti sono distesi su un prato. Venere osserva, con atteggiamento tranquillo e consapevole, ma vigile e cosciente, seppure con espressione malinconica, l’amante Marte, spossato e pesantemente addormentato, cui dei satirelli stanno rubando le armi. Uno di loro ha indossato il suo elmo e tiene una estremità della grande lancia, aiutato da un secondo. Un terzo gli suona un corno di conchiglia nell’orecchio per svegliarlo, benché il sonno di Marte sia così profondo che questi non sembra nemmeno scuotersi. Un quarto satirello sbuca dalla corazza vuota del dio. Lo stile adottato da Botticelli è quello tipico del periodo che lo vide impegnato presso la corte medicea. Le figure sono eteree e composte, la linea prevale sul volume creando una composizione armonica e aggraziata, le figure dominano la scena sicché l’effetto di profondità spaziale viene come annullato. Il corpo di Venere è quasi smaterializzato e la sua gamba destra sembra perfino sparire fra le pieghe della veste. Molti critici considerano questa particolare soluzione formale non una scelta dell’artista ma un errore, cui Botticelli cercò di porre, un po’ goffamente, rimedio. L’amore vince sulla guerra Il furto delle armi di Marte addormentato rimanda chiaramente al tema dell’amore che vince sulla guerra. Questa armonia dei contrari, costituita dal dualismo Marte-Venere, era celebrata anche dal Symposium del filosofo neoplatonico rinascimentale Marsilio Ficino (1433-1499), importantissima fonte di ispirazione per Botticelli. Ficino sosteneva la superiorità della dea, simbolo di amore e di concordia, sul compagno, simbolo di odio e discordia. Marte è stato totalmente soggiogato da Venere, sicché resta disarmato. Venere secondo Lucrezio Botticelli fece ampiamente ricorso anche alle fonti classiche quando affrontò temi mitologici come questo, e in ciò venne sicuramente aiutato da Agnolo Poliziano (1454-1494), grande poeta e letterato del Rinascimento, suo amico ed esponente di spicco della corte medicea. L’artista aveva, insomma, ben presente il De Rerum Natura del poeta latino Lucrezio (98/94 a.C.-55/50 a.C.), un poema didascalico in esametri che si apre proprio con una invocazione a Venere. Il poeta la presenta come Grande Madre, responsabile del popolamento della terra e del mare e del piacere degli uomini e degli dèi. È infatti grazie a Venere che tutti gli esseri umani, una volta nati, possono guardare per la prima volta la luce del Sole; è, ancora, grazie a lei che la terra rifiorisce e il cielo splende al termine di ogni tempesta. Lucrezio ricorda come proprio Venere sia capace di placare ogni conflitto, abbracciando il dio della guerra Marte, sicché la esorta ad agire. Venere secondo Marsilio Ficino Nell’interpretazione pittorica di Botticelli, però, Venere non sta abbracciando Marte.

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